Selmoni e  Cleis, arte e religiosità

La storia di un luogo e intenso impegno creativo al servizio della liturgia.

Le opere dei due artisti ticinesi in mostra al Monastero del Bigorio.

Giuseppe Curonici

Milo Cleis scultore, (a cura di Danilo Bianchi e Franca Cleis), Casa Pessina Comune di Ligornetto, 2003, pag. 51-52, catalogo

La storia di un lungo e intenso impegno creativo al servizio della liturgia.

 

Selmoni e Cleis, arte e religiosità

 

Fra un istante dirò perché offre un aspetto sorprendente questa mostra d’arte degli scultori Pierino Selmoni e Milo Cleis. Sculture e disegni si possono contemplare al convento del Bigorio, nel coro della chiesa.

Lo spazio raccolto e avvolgente del coro è appropriato soprattutto perché le opere qui mandate da entrambi gli artisti sono di tema religioso, o anche direttamente di significato e uso liturgico. Ma soprattutto ci interessa, per il momento, la qualità artistica.

Non soltanto il pregio dei singoli pezzi presentati, ma il significato d’assieme del repertorio realizzato. Incontriamo esempi di produzione che risalgono ad anni diversi, sia pure con maggiore accento sulle fasi recenti.

Scopriamo inoltre una pur incompletissima rassegna informativa su quanto hanno eseguito in altri momenti e in altri luoghi. Ed è qui l’elemento a sorpresa.

Se andiamo a Besazio nella chiesa di S.Antonino a osservare un altare di Cleis, ciò che guardiamo è un’opera. Una, una singola. Se ci mettiamo al cospetto di un altare o una Madonna con il Bambino di Selmoni, incontriamo un’immagine singola.

Ma da questa mostra appare o traspare una veduta delle realizzazioni nel corso di molti anni, la complessità vitale che nell’assieme porta un’evidenza e un valore largamente superiori a quanto il lavoro singolo può far comprendere.

Selmoni distribuisce disegni densamente espressivi sull’arco di mezzo secolo. Cleis in una cartella illustrata, di aspetto non solo sobrio ma semplicissimo, lascia vedere in illustrazioni in bianco e nero una serie di altari fortemente inventivi. Qualche volta succede davvero che gli artisti bravi siano i meno esibizionisti, fino a restare nascosti.

Allora qui formuliamo noi un suggerimento di lavoro, la cui realizzazione evidentemente dipenderà dai mezzi che potranno essere raccolti. Propongo che per ciascuno dei due artisti Selmoni e Cleis venga pubblicata una monografia, con i testi del caso, e con illustrazioni adeguate allo scopo di mettere in evidenza la connessione e continuità della loro opera: i confronti interni, l’insieme della molteplicità. Per allestire una mostra che sia sufficientemente indicativa, come si fa a convogliare fuori gli altari estraendoli da dieci chiese, o i tabernacoli e i fonti da altre dieci, per raccoglierli in un’esposizione? Si fa con le pitture, o con sculture staccate, o di brevi o medie dimensioni. Con opere che funzionano, inserite anzi incardinate in una chiesa, in un’architettura, non si può.

Dunque la percezione d’assieme può essere visualizzata solo attraverso altri mezzi. Allora: un film o un libro, cosa scegliamo? Tutt’e due, ma prioritariamente interessa il libro, per una precisa ragione di lettura o comprensione.

Il film si svolge dinamicamente a volo, ma purtroppo in un tempo determinato, ogni sequenza concede un intervallo limitato e fisso. Per conoscere un’opera d’arte meditativa questo tempo è sempre scarso. Viceversa il libro consente la massima libertà dei tempi di lettura, uno sta soggettivamente, individualmente più a lungo sull’immagine che più sente e con la quale più ha voglia di colloquiare. Libro è libero.

In una panoramica della sua personale storia, Selmoni è un espressionista che attraverso il tempo si è compattato nella costruzione spaziale. I primi disegni sono della fine degli anni Quaranta, tracciati a linee veloci e accumulate, dal tratto scattante, a conduzione aperta. Il Martirio di San Sebastiano è impiantato secondo brevi e marcati allineamenti di personaggi, il ritmo complessivo è straordinariamente unitario perché animato da una forma elastica costante: il profilo curvilineo dell’arco dei saettatori che con frecce trafiggono il martire.

Altre volte il ritmo si allarga in una distensione descrittiva più pacifica, almeno in parte, e sempre mossa, come le scene di feste popolari religiose. Lungo gli anni, Selmoni è passato attraverso esperienze culturali-formali diverse. Le sculture con Maternità, tendenti al semplice monumentale, piene di interiorità naturalistica, non hanno respinto bensì raccolto e concentrato lo slancio di mezzo secolo fa. Il senso dei profili riprende, con fedeltà misteriosa, le compatte elastiche curve del San Sebastiano.

Milo Cleis ha elaborato il suo discorso giungendo fino a composizioni quasi completamente astratte, attraverso una figurazione di carattere postcubista. Il senso degli spigoli vivi in cui crescono le figure, la percezione delle articolazioni spaziali, nascono da un’emotività espressionista-narrativa, unita alla fiducia nelle forze generative della costruzione geometrizzante, come ad es. in una piccola tagliente Deposizione.

La successione di quanto esposto al Bigorio va da una porta di tabernacolo del 1972 fino a studi (disegno, tempera) per rilievi, di pochi anni or sono. Ma è dagli Altari che emerge il significato della combinazione di umanità, meditazione, formalizzazione geometrica. Così gli scavi cubisti nel masso per la parrocchiale di Castione. L’altare è una tavola da cena e un’ara per sacrificio. C’è amore e rinuncia, lacerazione umana e del Cristo, e comunicazione con Dio. La composizione geometrica è davvero dinamica e drammatica nei volumi acutamente conflittuali del S. Giobbe di Giubiasco.