La Venere di Milo

Gianluigi Bellei

La Venere di Milo, La Regione Ticino, 15 novembre 2003.

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Cleis è un artista schivo, che si concede raramente non avendo mai esposto in gallerie pubbliche, ma anche puntiglioso e severo conoscitore delle tecniche scultoree. I suoi lavori, soprattutto altari e crocefissi, possono essere visti nelle varie chiese e cappelle del Ticino, lungo un percorso reale che meriterebbe di essere conosciuto e studiato approfonditamente.

A Casa Pessina espone piccole sculture in un approccio maggiormente raccolto. Lavori che spaziano, lungo gli anni, dall’impressionante e iperbolica Venere ai vari ritratti intimisti ora attoniti ora silenti, sino alle composizioni astratte e biomorfiche.

Il tutto spaziando fra legno, gesso, bronzo, marmo e lungo lo scorrere dei decenni. L’estrema libertà di Cleis e di non concedersi a stilemi particolari, ma di intersecarli a piacimento lungo i suoi cinquant’anni di lavoro. Come in un moto ondoso, ora fragile, ora severo, ora ironico ora leggiadro. Giustamente Danilo Bianchi in catalogo rileva come l’artista operi mediante due linguaggi apparentemente contrapposti: quello ondulato e quello geometrico. In realtà sono due facce della stessa medaglia che vedono ripristinare il primato dell’uomo e dello spazio architettonico dall’altra. I volti, i nudi, i crocefissi – “così morbidi e tondeggianti” sono il contesto entro il quale si muove la poetica di Cleis mentre gli altari – geometrici e rigorosi – il contenitore di un’azione comune che indaga sulla luce, sul colore, e sui loro riflessi negli elementi circostanti. La vita per Cleis è una sfida oltre la giovinezza assordante e contro le impossibilità della tecnica, ma anche fuori da quegli stilemi che costringono l’artista entro le briglie strette di un percorso uniforme e predeterminato. Una sfida serena perché la vita è sì scelta morale, ma contemporaneamente istanza di libertà.
E così, seguendo le parole dell’ Hauser possiamo dire che “in questo avanzare e indietreggiare dei singoli motivi della tradizione, in questo avvicendarsi delle voci predominanti in un concerto, ora più ora meno armonico consiste la vita storica della cultura e dell’arte, giacché soltanto in questo senso la continuità dell’insieme è conciliabile con la discontinuità delle singole parti”, e le sculture di Milo Cleis ne sono una riprova.